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Proviene da UCLA, università che da due anni occupa stabilmente una posizione nella top 20 del ranking nazionale il primo, grande rinforzo made in USA dei Seamen per la stagione 2014. Dopo un corteggiamento durato oltre quattro mesi, Tato Zamichieli, direttore Sportivo blue navy, riesce a convincere un altro grande atleta ad “emigrare” nel Bel Paese. Dalton Hilliard, giocatore che ha saputo sempre competere per un posto da titolare nella sua permanenza nel college californiano, può infatti vantare credenziali davvero straordinarie. Strong safety di spiccata duttilità, ha ricoperto in varie occasioni i ruoli di free safety e linebacker oltre che di running back all’occasione, Hilliard vanta un record di 50 “tackle”, placcaggi per i non addetti ai lavori, nella stagione 2011 e, in generale, di ottime statistiche nel corso dei quattro anni nei quali ha indossato la maglia dei Bruins. Dotato di fisico ideale per il ruolo, 1 e 80 di altezza per 91 chilogrammi di peso, Dalton vanta un tempo medio sulle quaranta yarde di 4.59 oltre che di notevole considerazione presso il suo college. Nell’ultimo campionato disputato (2012) ha messo insieme tredici presenze, cinque le apparizioni nel line up, totalizzando due tackles contro Rice, tre contro Houston, Oregon State e Arizona State (1 intercetto), cinque contro Washington State e altrettanti nell’Holiday Bowl con Baylor. In totale Hilliard ha disputato 41 incontri con un record assoluto di 9 placcaggi in una singola gara ottenuto contro Washington State nel 2011. I trascorsi nell’high school di Punahou, l’atleta è originario delle isole Hawaii, avevano peraltro già messo in luce un talento cristallino sul quale UCLA non ha mancato di investire. Gli amanti delle statistiche potranno ottenere maggiori informazioni sul sito officiale del college cliccando qui.

Ufficio stampa Seamen Milano

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Ecco ora un ritratto di Hilliard a cura dell’ufficio stampa IFL.

Dalton Hilliard, 23 anni compiuti lo scorso 1 agosto, uscito lo scorso anno da UCLA, è uno dei nuovi americani dei Seamen Milano.

Agli appassionati di football il nome suona immediatamente familiare, ma bisogna imprimere una brusca frenata ai ricordi nostalgici: Hilliard NON è il figlio dell’omonimo running back che negli anni 80 e 90 giocò con profitto per Louisiana State e poi nei New Orleans Saints. Il Dalton Hilliard “milanese” è, secondo quanto affermato dal ragazzo, un lontano parente, e il nome deriva semplicemente dal fatto che i genitori lo apprezzavano come giocatore.
Forse.

Perché in un articolo del Los Angeles Daily News del 9 ottobre 2012 papà Larry ribadì la versione che abbiamo appena riferito, mentre la madre Amalia ricorda di aver scelto Dalton perché era il cognome del personaggio interpretato da Patrick Swayze nel film Road House. E se non sono d’accordo i genitori nessuno in realtà può azzardare oltre ipotesi. Il Dalton dei Seamen è comunque nato a Chicago ma è cresciuto in sei diverse parti d’America, dove veniva spedito il padre, maggiore nei Marines. Il liceo (Punahou) lo ha fatto alle Hawaii, e lì – curiosità – ha fatto in tempo a diventare compagno di classe e amico di Manti Te’o, il linebacker di Notre Dame ora nei San Diego Chargers ma passato, lo scorso inverno, sotto lo schiacciasassi delle attenzioni mediatiche per la bizzarra vicenda della presunta fidanzata scomparsa per una grave malattia, e poi rivelatasi… inesistente, ovvero creata ad arte, per scherzo, da un conoscente. Come ovvio, Te’o e la ragazza non si erano mai incontrati, ma solamente sentiti per telefono e via web. A dare ulteriore curiosità alla vicenda c’è il fatto che Hilliard aveva detto a Sports Illustrated, a proposito di tale fidanzata, «era una ragazza davvero adorabile e carina. Parlava sempre di Dio, di preghiere e di fede. Non l’ho mai incontrata di persona, ma questa è l’eredità che lascia. Mi mandava messaggi e tweet prima di ogni partita. Per me è stato un piacere conoscerla, e il fatto che abbia reso felice il mio migliore amico ha dato gioia anche a me». Curiosità e niente altro, sulla quale Dalton non ama essere interpellato: gli è bastava una volta.

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Particolare il suo percorso agonistico: al liceo, dove con Punahou vinse il titolo delle Hawaii, era running back (come il padre ai tempi di Eastern New Mexico, dove fu All-Ameerican, poi in un paio di provini NFL), ma al college passò a safety, prima di concludere la carriera, lo scorso anno, come inside linebacker, con cinque partenze da titolare in 13 partite. Alto circa 1.79, in prospettiva NFL è stato tradito, a quanto si legge sul web, dal fatto di essere versatile, ovvero bravo in tanti ruoli ma eccelso in nessuno, con ottime prestazioni anche negli special team. C’è una definizione efficace ancorché dannosa, ma certo non offensiva, per quelli come lui: tweener. Da “between”, ovvero “tra”, perché la sua è una sorta di unione delle caratteristiche di vari ruoli.

Rispondendo prima del draft 2013 alle domande di un esperto Joe Gaiter, Hilliard fece alcune dichiarazioni interessanti. Eccole.
- Nel mio ruolo [non specifica quale, ndr] è fondamentale conoscere quello che fanno tutti gli altri in ogni azione e poter fare cose importanti sia contro le corse sia contro i lanci. Durezza e fisicità sono le chiavi.
- Al college ho imparato quanto sia cruciale la capacità di adattarsi in corsa. Durante una partita bisogna essere in grado di gestire gli adattamenti richiesti dallo sviluppo del gioco. In più, in quattro anni ho avuto tre diversi allenatori della difesa e ho dovuto imparare tre diversi sistemi di gioco.
- Se non verrò scelto nel draft vorrei entrare nel campo immobiliare, quello della preparazione atletica o fare l’allenatore. Adoro il football e vorrei restare nel giro. Il mio sogno più grande è giocare nella NFL, ma vorrei anche usare i contatti che creerei nella NFL per fare strada anche negli altri settori che mi interessano.
- I miei pregi? Atletismo, rapidità, forza, buone mani. So giocare in più ruoli e sono ottimo negli special team.

Il suo amore per il football è evidente sia dalle frasi appena riportate sia da altre dichiarazioni rintracciabili sul web: parlando con Chris Foster del Los Angeles Times il 20 agosto 2012 disse «devo mettere su qualche chilo per giocare linebacker, ma del linebacker in questi primi allenamenti ho già tutti i lividi ed è una cosa che adoro, è divertente poter vivere il football dal punto di vista di un linebacker». In realtà negli allenamenti della primavera 2012 sotto il nuovo coach, Jim Mora Jr (il cui padre, Jim Mora, aveva allenato il Dalton Hilliard… originale nei Saints…), era tornato running back, il suo ruolo principale al liceo, poi erano cambiate le gerarchie, anche perché il titolare nel portare palla era Johnathan Franklin, ora nella NFL con Green Bay.

Dalton Hilliard   JIM MORA 2013

E alla fine, percependo uno stipendio – non conta l’entità – dai Seamen, Dalton toglierà finalmente la madre da una posizione curiosa e scomoda: fino a pochi giorni fa infatti la signora Amalia era stata l’unica, tra i tanti parenti che hanno praticato questo sport, a… guadagnare soldi giocando a football. Era accaduto anni fa, come quarterback e wide receiver (non in contemporanea, si suppone) nelle New York Sharks della Women’s Professional Football League, il cui proprietario l’aveva notata durante un camp di istruzione per donne tenuto dai New York Jets: e Dalton rimase così colpito da quella breve (Amalia si ruppe presto un legamento del ginocchio) ma significativa carriera da voler rendere omaggio alla madre indossando al liceo la sua armatura, che gli si adattava. Magari Amalia, se verrà a trovarlo in Italia, potrà dare una mano alla versione femminile dei Seamen, le Sirene. Curioso, vero?

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